
Rifiuti nello spazio? La NASA ha un’idea migliore
PREMESSA
Oggigiorno quando ci si trova ad affrontare o a discutere sul tema dei rifiuti, i riflettori vengono puntati quasi sempre sui rifiuti solidi urbani ed ai problemi correlati alla loro gestione e smaltimento. Purtroppo in qualsiasi campo o settore, anche i più impensabili, il problema della fine del ciclo di vita di un prodotto cositutisce un tema non trascurabile.
Vi siete mai chiesti qual è la sorte destinata ai rifiuti prodotti dagli astronauti durante le missioni spaziali? Per fortuna c’è un regolamento specifico della NASA che vieta espressamente la possibilità del rilascio dei rifiuti in orbita. Per missioni molto brevi, il problema non è così grande perchè i rifiuti vengono semplicemente riportati a terra. Per le missioni di più lunga durata, come l’attuale ISS, o le future missioni per l’espolarazione del pianeta rosso, il problema diventa più complesso.
La risposta della NASA non si è fatta attendere. Infatti, la soluzione per il recupero degli scarti prodotti ad alta quota è stata pensata in maniera ingegnosa, con una visione a lungo termine, dai ricercatori del NASA Kennedy Space Center, in Orlando (Florida). Richard Strayer, un microbiologo impegnato nel progetto, ha affermato che non si vuole contaminare la superficie di un asteroide, o altri corpi celesti simili, attraverso l’irresponsabile rilascio degli scarti all’esterno, pertanto la NASA ha intenzione di fare il possibile per non trasformare lo spazio in una discarica extra-terrestre.
RICERCA
L’intento è quello di recuperare i rifiuti prodotti durante le missioni, in particolare il materiale plastico, per creare degli scudi spaziali anti-radiazioni da impiegare, almeno per ora, nelle future esplorazioni. Scudi che, inoltre, proteggerebbero gli astronatuti dalle radiazioni provenienti delle tempeste solari.
Uno speciale compattatore di rifiuti, ideato dalla NASA Ames Research Center, California, verrà usato per riscaldare i rifiuti per circa tre ore fino a raggiungere una temperatura di 150- 180 °C. Il prodotto finale sarà rappresentato da una piastra di 0,5 Kg che porterà, allo stesso tempo, ad una riduzione di volume dei rifiuti pari al 90%. In generale, per creare una piastra di un cenimetro di spessore e 20 cenimetri di diametro, non saranno necessari quantità enormi di rifiuti, ma sarà sufficiente il classico volume di accumulo giornaliero degli astronauti. Attualmente si stanno effettuando una serie di esperimenti per capire se le piastre potranno essere utilizzate in maniera sicura ed efficiente a bordo della navicella spaziale, ricreando le stesse condizioni che si avrebbero nello spazio.
La Microbiologa Mary Hummerick, anche lei impegnata nel progetto, crede che tutti gli imballaggi plastici scartati dagli astronauti possano avere una seconda vita nella forma di scudi anti radiazioni. Se i test di temperatura e di durata porteranno ai risultati ipotizzati, continueranno per un lungo periodo.
EPILOGO
Non ci sono dubbi che questo tipo di approccio e tecnologia potrebbe rendere le future missioni su Marte meno impattanti e, magari, gli stessi scudi potrebbero essere reimpiegati per proteggere anche noi, abitanti del pianeta blu, dalle radiazioni di cui siamo circondati. Una controtendenza, soprattutto se si pensa all’idea, sorta qualche tempo fa, di spedire i nostri rifiuti nello spazio. Perchè privarsi di materia? Perchè privarsi di una risorsa?
Link per approfondire
Sito ufficiale della NASA